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In questo scritto viene riportato in forma sintetica il contenuto della serata aperta a tutti tenuta dalla dott.ssa Linda Francioli, dal titolo: "Scoprire i talenti dei nostri figli, più che i loro limiti". Leggi qui una sintesi della serata.

Milano, 6 Maggio 2015.


Scoprire i Talenti dei Figli

6 Maggio 2015


Prima premessa: lo sguardo del genitore per il bambino è uno specchio

  • Lo sguardo del genitore è importante per l’identità personale del figlio, per la sua autostima, e anche per quella dell’adulto che sarà; il bambino infatti non sa chi è, si “vede” solo quando riflesso in coloro cui lui è attaccato. Dunque, una prima risposta alla domanda “chi sono io?” viene da fuori, non da dentro. Il genitore ha la funzione di uno specchio, come poi l’avranno tutte le altre figure di attaccamento che saranno significative nell’arco di tutto lo sviluppo.
  • Lo sguardo del genitore può in effetti rispecchiare il figlio, ma più spesso lo specchio non è pulito e anziché qualcosa del figlio dice qualcosa del genitore. Se lo specchio è opaco, la causa spesso sta nelle perturbazioni interiori del genitore: le sue ansie, la sua stessa infanzia, i suoi stessi genitori, e poi le aspettative, i pregiudizi sociali che ogni genitore ha dentro di sé ma di cui spesso non è consapevole.
  • Spesso dunque, vediamo non tanto nostro figlio quanto piuttosto ciò che vorremmo che fosse o che siamo stati noi. E di questo non possiamo fare a meno, non si sa perché, ma nessuno può annullare i propri condizionamenti solo perché vorrebbe vedere il proprio figlio in modo più “pulito”; tutti però possiamo esserne consapevoli e grazie a ciò utilizzare i nostri condizionamenti in modo funzionale alla relazione coi nostri figli, per esempio facendo loro capire che ciò che ci disturba dipende molto anche da noi, dalle opinioni che sono dentro di noi, molto prima che il figlio ci fosse. Col tempo, grazie a questo esercizio, si riesce anche a sospendere questi condizionamenti, per lo meno quando ci accorgiamo che il nostro sguardo può danneggiare i nostri figli; possiamo col tempo imparare a dirigere l’attenzione sugli aspetti che riguardano davvero i nostri figli, accorgerci di quanto sono belli e provare a dare spazio a quella bellezza, anziché reagire solo alle nostre preferenze.

Seconda premessa: la legge dell’attenzione

  • Quando appena detto introduce egregiamente la seconda premessa di questa serata: ciò su cui poniamo l’attenzione cresce, ciò che evitiamo di sottolineare continuamente pian piano và sullo sfondo. Per esempio: nostro figlio è un solitario, e questo ci fa paura; forse è stato un problema per noi da bambini; oppure sappiamo quanto avere pochi amici può essere socialmente limitante e magari temiamo che questo peggiori nel futuro. Così finiamo per mettere l’attenzione sugli elementi di inadeguatezza di nostro figlio, che naturalmente fa fatica ad accettare la disapprovazione del genitore su qualcosa che per lui viene spontanea, gli viene da dentro. Il conflitto fra il far contento il genitore ed essere invece quello che è genera spesso confusione nei bambini, che da quel momento in poi possono anche sentire del disagio, la sofferenza. Tale sofferenza può innestare programmi e comportamenti “nevrotici”, come la vergogna di sé, o la ribellione al genitore. In ogni caso il conflitto viene risolto in qualche modo, a favore o a sfavore di uno dei due belligeranti (il sé o il genitore), ma non sempre questa risoluzione è felice.
  • Se fossimo consapevoli delle nostre preferenze e decidessimo deliberatamente invece di guardare ciò che nostro figlio è, potremmo mettere l’attenzione sulle cose che spontaneamente sa fare bene, anziché su quelle ci preoccupano o su quelle che se dovesse adottarle gli risulterebbero faticose; per esempio potremmo sottolineare la sua capacità di concentrazione e lasciare il suo essere solitario sullo sfondo.

Adesso che le premesse sono finite, passo a chiedervi che cosa sono i talenti secondo voi. A cosa ci riferiamo in questa serata che ha questo titolo non a caso? E’ qualcosa che i figli hanno come un dono, fin dalla nascita, o possiamo coltivarli noi, come frutto di una nostra specifica intenzione? O si tratta piuttosto di una scelta del bambino stesso, di ciò che lui effettivamente decide di essere, spinto dal suo libero arbitrio e dalla propria volontà, destinato ad emergere in ogni caso, indipendentemente da noi?

Nessun bambino viene al mondo segnato dai suoi geni e neppure viene passivamente plasmato da ciò che ha intorno. Questa risposta prende come riferimento un “modello” di bambino che lo vede essere il frutto di una interazione fra lui stesso e il suo ambiente. E quando dico lui stesso, dico una componente che ha a che fare coi geni del suo DNA ed una parte che deriva dall’esperienza che lui ha dei suoi “geni” in azione, da ciò che impara sul mondo fin dal primo giorno di vita.

Il suo potenziale non è illimitato, certamente quei geni e quell’ambiente lo condizionano e rendono possibile per lui alcune cose e ne limitano altre, ma mai in maniera rigida o stereotipata.

Scoprire i talenti dei figli vuol dire allora mettersi alla ricerca delle sue possibilità così come dei suoi limiti, laddove né limiti né possibilità sono infinite. Questa ricerca ha come sfondo le premesse che ho appena citato: il nostro sguardo dirà al bambino chi è; il nostro sguardo se si posa con la giusta attenzione sulle cose positive le fa crescere.

Se mio figlio è un geranio non potrà diventare mai una rosa. Ma se è una rosa e non un geranio è bene che sappia quanta acqua gli serve, come va esposto al sole, come va protetto d’inverno eccetera. Solo così potrò farlo diventare una delle rose più belle del roseto, e questo basterà, vorrà dire che avrà espresso tutto il suo potenziale di rosa.

Ma su cosa è bene che concentri la mia attenzione di genitore, perché ciò accada? Quali sono le cose da osservare, per farle cresce oppure per lasciarle sullo sfondo?

Osservando i nostri figli possiamo coglierne le caratteristiche sulla base di alcuni “tratti”.

Alcuni tratti sono stabili, altri possono evolvere nel tempo. E’ importante che osservi mio figlio nel tempo, con uno sguardo neutro, il mio specchio deve essere pulito. Ognuno dei suoi tratti può essere combinato con altri in modo da risultare un vero potenziale talento.

Il talento non è un eccesso, come comunemnete si crede, ma piuttosto quella combinazione di caratteristiche che quel bambino esprime in modo esclusivo, al di là delle aspettative del genitore, delle sue paure, delle sue preferenze. E invito tutti voi a leggere in questo modo il talento, al di là dei modelli sociali o dei mass media che vede tutti talentuosi quando in realtà non c’è nulla o quando quell’eccesso o quella carenza di quel tratto assomiglia più ad una patologia….

Facciamo un elenco di quelli che ritenete possano essere i talenti dei vostri figli:

orecchio per la musica

socievole

sportivo

abilità manuale

emotivo, sensibile

espressivo

…..

Se guardiamo la lista notiamo che il talento può esser visto sotto tre punti di vista:

  • Predisposizione
  • Preferenza
  • Abilità

Chiedetevi se il talento che vedete in vostro figlio è una predisposizione, una preferenza o una sua abilità.

  • Predisposizione: è un aspetto innato, spesso inconsapevole, non percepito dal bambino, gli viene automatico, senza sforzo
  • Preferenza/interesse: può essere collegato alla predisposizione, ma non necessariamente. Alcuni interessi nascono anche se non siamo predisposti; l’interesse nasce anche dall’imitazione
  • Abilità: si sviluppa solo se applichiamo una certa disciplina e ci dedichiamo una certa dose di fatica; è un livello attivo, che prevede una scelta

Questi tre livelli possono essere allineati e allora è probabile che le cose siano abbastanza semplici: le abilità migliori si sviluppano infatti a partire da una predisposizione, che incontra una preferenza, che dà sua volta “benzina” allo sviluppo dell’abilità.

Ma possiamo anche favorire la nascita dell’interesse nei nostri figli, attraverso le nostre proposte, o attraverso il nostro esempio.

<ma possiamo anche –perché no- sostenere o almeno non ostacolare una predisposizione che magari è lontana dalla nostra o che ci vede francamente contrari, a causa dei nostri condizionamenti.

Mi piace in chiusura richiamare il Vangelo di Matteo, da cui il tema dei Talenti spesso deriva. La parabola, che si sia o meno credenti, parla del tema del Talento in senso universale, e può arrivare a tutti nella sua bellezza, aldi là di ogni religione.

La parabola ci insegna che non è importante quanti talenti il padrone dà al servo, ma quanto il servo riuscirà a farli fruttare nel mondo. Colui che lascia lì il suo talento, lo sotterra e lo restituisce tale e quale al momento della fine della sua vita viene privato anche di quello che ha.

E’ un invito a coltivare quel poco o quel tanto che abbiamo ricevuto come predisposizione, per trasformarlo in interesse e possibilmente in abilità. Ciò vale per noi stessi in prima persona, ma riguarda anche il nostro ruolo di genitore: grazie alla legge dell’attenzione e al potere che il nostro sguardo ha sui nostri figli, possiamo sostenere le sue inclinazioni e focalizzarci sul positivo dei suoi tratti, nella speranza che tutto questo si traduca presto in abilità per libera scelta di nostro figlio.