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Esercitare da soli il ruolo di mamma e papà

padre consola figlia 2018

Esercitare da soli il ruolo di mamma e papà: quando l’altro genitore non c’è , sintesi della Conferenza "La sindrome di Laio e la legge di Giocasta" di  Linda Francioli   - Milano, 19 febbraio e 23 Aprile 2009 

Il primo da cui partire è un richiamo a Freud e al suo complesso di Edipo, da cui la conferenza intende prendere le mosse. Non è certamente mia intenzione dilungarmi sul tema, essendo come formazione molto lontana dalla psicoanalisi classica; perciò Edipo, Laio e Giocasta mi serviranno piuttosto per introdurre il tema dell’eccesso (o della carenza?) del materno o del paterno, nel bilanciamento delle funzioni genitoriali che le famiglie sanno o non sanno trovare.

In secondo luogo, intendo brevemente aprire l’argomento prima citato dell’eccesso o della carenza, intendendo con questo gettare uno sguardo sui concetti di materno e paterno come oggi vengono concepiti e poi agiti, consapevole del fatto che ciò che ognuno di noi può pensare essere un problema che lo riguarda individualmente potrebbe invece essere (ed in effetti lo è) un problema di più vasta scala, le cui risposte non sono e  non possono essere solo individuali, ma sociali.

Infine, come terzo punto –e su questo vorrei soffermarmi di più- quali sono i rischi concreti della genitorialità al singolare, come gestirla bilanciando opportunamente materno e paterno,: avvertenze, consigli e suggerimenti, ma anche scambio di esperienze far le persone che sono qui stasera,  pur nella consapevolezza del limite di una risposta “privata” e molto circoscritta.

 

Le figure genitoriali interne: Madre e Padre (con la maiuscola)


La psicologia contemporanea ha studiato il costituirsi di “oggetti interni”nella mente del bambino a partire fin dai primissimi giorni di vita, e lo ha messo in relazione allo sviluppo delle sue facoltà affettive, cognitive ed emozionali.

Gli oggetti interni sarebbero degli schemi di riferimento per il pensiero  e per la vita affettiva del bambino e prenderebbero le mosse dalle esperienze concrete della vita e dalle emozioni ad esse associate, in particolare -nei primi mesi di vita- da quelle biologiche (nutrimento e cura).

Gli oggetti genitoriali interni (che chiamerei Madre e Padre, con la maiuscola, per differenziarli da quelli reali, madre e padre biologici) sono schemi di riferimento molto importanti e coincidono solo in parte col papà e  la mamma vera; essi sono alla base dei processi di identificazione e differenziazione che tanta parte hanno nella vita del futuro adulto.

Padre e Madre sono oggetti simbolici, immaginari, archetipici, come tali frutto delle esperienze reali ma anche della vita sociale, delle rappresentazioni simboliche del materno e del paterno che si trovano nella società e che il bambino ha modo di sperimentare in relazione alla sua età man mano che cresce (ad esempio: le istituzioni, la legge, l’autorità come paterno; la solidarietà, l’accoglienza, l’ascolto come materno)

Per questo è importante che questi oggetti si costituiscano in modo solido e ben identificabile. 

Vediamo ora come il mito di Edipo  sviluppa questi oggetti interni, Padre e Madre, mito da cui Freud ha preso le mosse per ipotizzare il famoso complesso di Edipo.

 

Madre e Padre secondo Edipo Re

La più famosa –seppur contestatissima- interpretazione dell’Edipo Re di Sofocle si deve a Freud, che dalla tragedia fece derivare il nome del complesso maschile infantile per cui il bambino verrebbe portato ad odiare il padre e ad attaccarsi morbosamente alla madre. Ciascuno di noi, in sostanza, vorrebbe da bambino sbarazzarsi del padre per poter possedere la madre, dalla quale è sessualmente attratto. Sul versante femminile, si avrebbe il complesso di Elettra, ovvero la bambina che vorrebbe sbarazzarsi della madre per possedere sessualmente il padre.

(La tragedia di Sofocle ci racconta che un oracolo aveva predetto a Laio, Re di Tebe, e a sua moglie Giocasta, che se essi avessero avuto un figlio, questi avrebbe ucciso il padre e sposato la propria madre. Quando nacque Edipo, Giocasta decise di sfuggire alla predizione dell’oracolo, uccidendo il neonato. Ella consegnò Edipo a un pastore, perché lo abbandonasse nei boschi con i piedi legati e lo lasciasse morire. Ma il pastore, mosso a pietà per il bambino, lo consegnò a un uomo che era a servizio del Re di Corinto, il quale a sua volta lo consegnò al padrone. Il Re adotta il bambino e il giovane principe cresce a Corinto senza sapere che il Re di Corinto non è il suo vero padre. Gli viene predetto dall’oracolo di Delfi che è suo destino uccidere il proprio padre e sposare la propria madre e decide quindi di evitare questa sorte non ritornando mai più dai suoi presunti genitori. Tornando a Delfi egli ha una violenta lite con un vecchio che viaggia su un carro, perde il controllo e uccide l’uomo e il suo servo, senza però sapere che si tratta del suo vero padre Laio, il Re di Tebe.Le sue peregrinazioni lo conducono a Tebe. In questa città la Sfinge divora i giovinetti e le giovinette del luogo e non cesserà finché qualcuno non avrà trovato la soluzione dell’enigma che essa propone. L’enigma dice: “ Che cos’è che dapprima cammina su quattro, poi su due e infine su tre? “ La città di Tebe ha promesso che chiunque lo risolva e liberi la città dalla Sfinge sarà fatto Re e gli sarà data in sposa la vedova di Laio. Edipo tenta la sorte. Trova la soluzione all’enigma cioè l’uomo che da bambino cammina su quattro gambe, da adulto su due e da vecchio su tre (col bastone). La Sfinge si getta in mare urlando, Tebe è salvata dalla calamità, Edipo diviene Re di Tebe e sposa Giocasta, ignaro che sia la sua vera madre.Dopo che Edipo ha regnato felicemente per un certo tempo, la città viene decimata dalla peste che uccide molti cittadini. L’indovino Tiresia rivela che l’epidemia è la punizione del duplice delitto commesso da Edipo, parricidio e incesto. Edipo, dopo aver disperatamente tentato di ignorare la verità, si acceca quando è costretto a vederla, mentre Giocasta si toglie la vita. La tragedia termina nel punto in cui Edipo ha pagato il fio di un delitto che ha commesso a sua insaputa, nonostante i suoi consapevoli sforzi per evitarlo.)

Il richiamo alla famosa tragedia e alla lettura freudiana di esso, mi serve per ribadire il significato che Materno e Paterno assumono in relazione alla presunta evoluzione psico-sessuale del bambino, secondo la più classica interpretazione psicoanalitica.

Il Padre (successivamente identificato con l’istanza psichica del Super-Io) rimanda ad una facoltà di imporre, articolare e mantenere la legge che garantisce l’ordine e il funzionamento del sistema, sia esso individuale o sociale.  Il Padre separa il bambino dal desiderio di rimanere eternamente in simbiosi con la madre (il corpo di Giocasta nell’Edipo), simbiosi che non impedita con la “castrazione” simbolica, porta Edipo alla follia e alla morte.

L’intervento del Padre è dunque portatore della legge che vieta che il desiderio nostalgico dello stato fusionale diventi realtà. Questo divieto dunque distrugge la possibilità di realizzare un desiderio, e tuttavia Freud, su di esso fonda proprio la possibilità  di realizzare il desiderio più vero e sano, quello del godimento sessualmente maturo e della creatività: è creando infatti il limite del desiderio simbiotico che il giovane uomo si apre alla possibilità dell’utilizzo di quel desiderio non soddisfatto in altre attività più adulte, nella sessualità, nelle arti, nel diritto, nelle opere del sociale.

In questo senso, secondo la Psicoanalisi,  il valore castratore del Padre ha la valenza di separare il bambino dalla madre, orientando il desiderio di lei dove è giusto che vada, verso il maschio-padre; e così facendo crea il giusto posto nella linea delle generazioni e spinge il giovane fanciullo fuori dal “nido”, all’esterno del nucleo famigliare, a cercare il suo posto nel mondo.

Con la sua brutalità, il Padre rende dunque possibile il desiderio, spinta insopprimibile di ogni evoluzione, motore di ogni invenzione e rivoluzione sociale. Con la sua simbiosi la Madre rischia da sola di spegnere ogni spinta verso il sociale, verso il mondo e la società.

 Edipo ci dice dunque che un eccesso di Madre o una carenza di Padre non possono che evocare misera e distruzione.

 

Madri e padri (con la minuscola) di oggi: la crisi del Padre e l’interscambiabilità delle funzioni

Se dunque permane la necessità della costituzione di oggetti interni stabili e riconoscibili come Padre e Madre, non si può dire che i modelli educativi e sociali attuali non abbiano subìto delle grosse trasformazioni.

Se chiedo a tutti voi di indicarmi quali sono nell’immaginario la vostra idea di funzione materna e paterna sono certa che troverei in gran parte un condensato di quel Padre e di quella Madre di cui parla anche Freud.  Per esempio:

La madre: consola; accoglie; abbraccia; nutre; giustifica; mostra e scambia emozioni ………

Il padre invece: sprona, sgrida, punisce, stimola ad affrontare la vita con forza, sicurezza e coraggio;mostra meno le sue emozioni e riesce ad essere più distaccato rispetto al sentire dei figli….

Ma i padri e le madri reali, oggi, esprimono nei fatti comportamenti assimilabili a quelli dei Padri e delle Madri in quanto oggetti immaginari interni?

Da più parti si sente parlare di carenza dei padre. Qui vorrei spendere due parole a difesa dei padri. Non tanto per contestare la presunta carenza del Padre (con la P maiuscola) ma per sottolineare che questa carenza non è imputabile  a loro come individui, o almeno non del tutto.

I padri sono effettivamente più assenti di un tempo? Io direi di no, i padri-padroni delle vecchie generazioni -anche le nostre- erano di fatto molto più carenti/assenti, sempre fuori, nel mondo (lavoravano e presidiavano il sostentamento economico della famiglia, come nelle tribù primitive gli uomini andavano a caccia),  mentre le madri presidiavano il focolare; i nostri padri lavoravano e rappresentavano l’autorità che la mamma non aveva.

I padri di oggi sono per certi versi molto più presenti dei loro padri nella vita domestica. Solo che svolgono spesso funzioni anche materne: cambiano i pannolini, portano i figli dal pediatra, giocano coi figli, leggono loro le storie prima che si addormentino, insomma hanno un legame molto affettivo. Come lo è  quello delle madri –e in alcuni caso meglio ancora.
Fanno più fatica a prender su di sè l’onere castratore del Padre, e lasciano che siano possibilmente ad altri farlo. Il guaio è che anche i surrogati del Padre (le istituzioni, la legge, il senso della società civile etc) sono anch’essi sempre più indeboliti, col risultato che non resta spesso che la madre ad occupare il ruolo lasciato vacante dai Padri.

In questa sede ci preme sottolineare quanto questa presunta carenza non sia tanto agita all’interno delle famiglie quanto piuttosto nella società: è lì che l’autorità latita, è nelle istituzioni che vediamo un grande impoverimento della propria funzione normativa, è nella scomparsa del “sacro” in senso simbolico che agisce la carenza del Padre.
E non sono nostalgicamente a reclamare un ritorno all’autoritarismo di vecchia memoria, che ha fatto il suo tempo e che non corrisponde più alle possibilità che socialmente possiamo immaginare, ma a sottolineare la portata sociale e sovraindividuale che ha questo fenomeno, mentre spesso ognuno di noi, chiuso nella propria casa, si sente il macigno della scoperta e poi della gestione di una cosa di così vasta portata.

Ma dopo aver parlato dei padri, vogliamo parlare delle madri?

Le madre di oggi, a differenza delle nostre, lavorano quasi tutte, hanno un ruolo importante nell’economia domestica e giustamente si lamentano anche per l’onere ancora quasi esclusivamente loro della gestione famigliare. Ma delegano con riluttanza, consapevoli del fatto che la relazione di accudimento dei figli e la gestione della casa ha anche una valenza simbolica cui non vogliono affatto rinunziare.
Le donne di oggi vogliono e  possono molto più delle loro madri: sono spesso più colte dei compagni maschi, hanno risorse emozionali e cognitive  ben spese e soprattutto non hanno clamorose crisi di identità, solo semmai crisi di adattamento.

Ma mentre dunque le madri di oggi non rinunciano ad interpretare una parte che nell’immaginario è rimasta funzione del Padre (funzione che le porta fuori dalle mura domestiche, nel mondo) proprio quando dunque un riequilibrio dei ruoli sarebbe auspicabile, se non altro per sgravarle dal peso materiale delle incombenze quotidiane, eccole che invece si lamentano della mancata funzione del Padre, esercitata dai padri reali, spesso lamentandosi della scarsa consapevolezza che essi hanno circa l’importanza del proprio ruolo in quanto Padri.
Da parte loro i padri, affaticati da questa continua e insistente richiesta, abdicano al ruolo Paterno, rischiando di commettere lo sbaglio di Laio. Oppure lasciano che siano le madri a giocare il ruolo del Padre, togliendo di fatto fiato alle loro corde materne, a volte già significativamente carenti quando sfiancate da carriere ed attività molto impegnative sul piano sociale e cognitivo.

Dalla carenza del Padre si può facilmente vedere come si può passare ad una carenza anche di Madre, ruolo della Madre che sempre più spesso viene lasciata nelle mani delle baby sitter, delle colf, delle mamme dei compagni di scuola, delle nonne sempre più anziane.

Eccesso/carenza di Madre o di Padre


Andando un po’ oltre la metafora di Edipo re, quali sono nel concreto per un bimbo esposto ad un eccesso di Madre o di Padre?

“Possiamo anche dire che se uno dei due prevarica l’altro, il bambino non riesce più a trovare quell’equilibrio che è indispensabile per poter raggiungere una sua identificazione, un valido senso di sé ed una capacità di accettarsi come persona e come individuo che sceglie la propria dimensione  di crescere, di divenire e di poter gestire la propria capacità creativa. Per capire l’importanza che riveste l’oggetto genitoriale nello sviluppo del bambino, possiamo ricordare che sono proprio i disequilibri tra “fallo e seno” i responsabili di tanti disordini dello sviluppo che occupano l’attenzione degli studiosi, si tratta di una vera e propria epidemia in continuo aumento quella che riguarda bambini e giovani disadattati, in stato di disagio o anche, ormai, in situazione psicopatologica……..si è potuto mettere in evidenza che nei casi di Asperger-Borderline il soggetto si trova nella condizione di non poter scegliere il proprio modello identificativo e, quindi, sembra vivere in una costante condizione di dubbio. È come se avesse sempre davanti a sé due porte o come se ci fosse per lui poca differenza tra bene e male, con la conseguente caduta nell’indecisione, nel dubbio costante e, di conseguenza, nella paralisi. In altre forme psicopatologiche, il predominio del ♂ sul ♀ (fallo – seno) o l’esatto contrario, portano il bambino a dover vivere situazioni affettive tanto contrastanti che provocano il blocco dello sviluppo o ne alterano profondamente l’equilibrio (come succede nell’autismo e nelle forme psicotiche e schizofreniche)”
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Sappiamo bene che nella gestione dei figli quando i genitori sono separati o soli le cose si complicano. E si complicano ancor di più se pensiamo alla necessità del genitore solo di esercitare sia la funzione paterna che quella materna.
Al di là delle difficoltà (fatica anche fisica oltre che psicologica) che ogni genitore ha nel giocare la funzione dell’altro che gli è meno congeniale, si affianca anche il rischio della confusione nei bambini: se infatti mamma o papà giocano alternativamente funzioni paterne e materne, come si costituisce il Padre e la Madre come oggetti interni in modo stabile e solido?

Non c’è dubbio infatti che passare dall’accoglienza alla norma e viceversa in modo repentino è cosa che sconcerta un bambino: se la mamma è quella che mi consola quando non sto bene, perché adesso che non voglio andare a scuola il suo viso è diventato di ghiaccio e non cede neanche un po’? se il papà di solito mi porta ai giardini anche se piove perché oggi che ho un solo po’ di raffreddore mi tiene chiuso in casa e continua a dire che sono malato?

Alla base del dubbio patologico che è stato citato più sopra come disturbo borderline sta spesso l’imprevedibilità dei comportamenti del genitore, un’imprevedibilità però patologica che non ci deve impaurire nell’esercitare con equilibrio funzioni sia paterne che materne.
Un consiglio che do inoltre è di utilizzare quanto più possibile le risorse sociali che esistono in una grande città come la nostra per far passare il Paterno e il Materno, anche al di là dei nostri comportamenti.  Il padre latita e il mio maschietto soffre di carenza del padre? Un buon capo scout o un buon maestro di kung fu (o di acquarello, per dire) può diventare un degno sostituito di autorevolezza e di affettività.

La mamma è impegnata in una faticosa carriera e la nostra piccola ne soffre forse un pò? Troviamo almeno quelle routine molto confortanti, come il corso in piscina il sabato mattina con mamma o con papà, oppure cerchiamo e poi appoggiamoci con fiducia a quella maestra tanto dolce, cui segnalare le difficoltà di nostra figlio.

L’importante non è tanto al carenza o l’eccesso, ma la consapevolezza di quello che c’è.

La consapevolezza –possibilmente prima che l’eccesso o la carenza sfoci in un sintomo- è la risorsa più preziosa per stare il meglio possibile a questo mondo.

E con noi che stiamo bene, stanno bene anche i nostri figli.

 

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