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Separati in casa: conseguenze spiacevoli e decisione da prendere

Gentile dottoressa, 
mi chiamo Patrizia, ho 41 anni, sono sposata, separata in casa con un figlio di 9 anni. Sono separata in casa da quasi 2 anni; con mio marito abbiamo fatto un percorso di terapia di coppia per mediare nella fase più critica della nostra separazione. Sono stata convinta che questa per noi fosse la soluzione migliore; ma mio marito nel frattempo ha scoperto di avere un tumore e ora è in chemioterapia. L'affetto per lui, dopo 12 anni insieme, rimane e ho deciso quindi di sostenerlo in questa difficile fase della sua vita. Per lui, per nostro figlio.

C'è però una cosa che proprio non mi va giù. Lui ha una storia con una donna che porta in casa quando io non ci sono, periodicamente la impone anche a nostro figlio portandolo a cena con lei e cose così. Nel frattempo un suo figlio, avuto da un matrimonio precedente, è venuto a vivere con noi. Proprio ora che stavo maturando la convinzione di fare il passo di andare via, si pone dunque una questione molto critica: mio figlio adora suo fratello e se decidessi di andare via e di ingaggiare una lotta per portarlo con me, lo strapperei alla sua casa, a suo padre, a suo fratello e probabilmente anche agli amici e alla scuola. La situazione è paradossale a questo punto, ma la decisione la sto maturando a seguito del fatto che in una vacanza in camper, mio marito, i due ragazzi e la nuova fiamma, nonostante le mie pressioni affinché loro tenessero un atteggiamento coerente col fatto che si dichiarano amici, hanno scelto di dormire assieme. L'episodio ha scatenato tutta la mia ira, così che ho poi deciso di raccontare a mio figlio che i suoi genitori non sono più marito e moglie ma solo due amici, perché l'amore è finito. Insomma, tutto questo per dire che sto cominciando a fare "amicizia" con l'idea di andare via, io sola: faticherei infatti a mantenere me e mio figlio e sono certa che mio marito farebbe il diavolo a quattro pur di non passare gli alimenti. Ma davvero continuare così a questo punto è molto difficile e il tema del rispetto, motivo per il quale avevo deciso di non separarmi da lui, è totalmente male interpretato.
Confido in una sua risposta perché l'idea di separarmi da mio figlio mi fa stare malissimo ....Forse però solo perché non ho i mezzi morali per concepire una cosa così.

Grazie, Patrizia

consulenza donna pensierosa 2018

Cara Patrizia,

dal suo scritto emerge una acuta sensibilità e un giusto amore per sè, in particolare dopo che ha scoperto di non poter reggere una situazione in cui la separazione in casa implica un menage a tre! Mi chiedo se nel percorso di coppia che avete fatto siate arrivati fino a definire le “regole” della separazione in casa, se cioè ciò che sta accadendo (esplicita frequentazione in casa vostra della compagna -non dichiarata come tale- alla presenza dei figli) sia una violazione di patti che avete stabilito lì, o se avete lavorato su altro e solo successivamente vi siete accordati per la separazione in casa, sottovalutandone però le implicazioni.
Comunque sia, ora lei si trova a fare i conti con una realtà difficile, e non mi stupisce che si trovi in difficoltà. Spero che questa risposta le dia la forza di adottare una soluzione che sia la migliore per lei e suo figlio, ma mi auguro anche che la sua lettera sia da spunto di riflessione per chi ci legge, in particolare per le troppe coppie che pensano che separarsi in casa sia la cosa migliore anche per i figli. Non lo è, in special modo appunto quando non si stabiliscono delle regole da rispettare, nel preciso interesse dei figli, e naturalmente quando –anche se stabilite- si vìolano con troppa leggerezza.
Mi immagino infatti cosa possa aver capito il bimbo delle relazioni affettive, in assenza di una comunicazione chiara su quale ruolo abbia la donna che frequenta l’intimità di casa vostra e che però non è la mamma. Mi chiedo anche cosa possa aver capito della scelta della mamma nei confronti del papà, una scelta che la colloca a metà strada fra una coinquilina e una badante, troppo poco per colorare di significato le relazioni umane che dovrebbero ispirarlo nella sua vita da adulto. Non è infatti neppure chiaro se da parte del padre ci sia almeno la gratitudine per l’accudimento che la ex moglie gli ha offerto a seguito della malattia, cosa che –se presente- renderebbe forse più comprensibile e accettabile agli occhi di un bambino una scelta di convivenza fra due genitori che hanno smesso di amarsi come coppia. Non mi sembra che vi sia questa gratitudine, anzi: sembra che egli faccia proprio come se la ex moglie non esistesse, e che quasi sicuramente potrebbe a fare a meno di lei senza troppe difficoltà. La sua poca sensibilità verso di lei nelle modalità di frequentazione della nuova compagna sembrano infatti un invito a togliere il disturbo. In ultimo, lei teme che non passerebbe gli alimenti per il mantenimento del figlio, cosa che naturalmente sarebbe contro la legge e che mi fanno pensare ancor peggio di questo padre.
E allora vengo a lei Patrizia, e mi chiedo il perché dei dubbi che esprime, visto che restare implica una situazione così poco dignitosa per lei. Mi sembra che la sua ristrettezza economica personale, che trapela dalle sue parole, insieme alla paura di essere lasciata senza il sostentamento necessario per suo figlio, possa essere una spiegazione. Ma c’è anche qualcosa che va oltre questo, che ha a che vedere con lei, cara Patrizia, con la sua difficoltà ad affermare il suo diritto ad avere una vita indipendente per sé e suo figlio, e -se è il caso- di lottare nei modi che la legge le consente, nell’interesse di suo figlio. Se anche fosse la paura ad aver animato le sue scelte fino a qui, mi sembra che questa sua lettera testimoni che forse è venuto il momento di cambiare registro, e di trovare il coraggio che fino ad ora le è mancato. Per questo sarò molto esplicita nel sostenere in modo netto una strada da intraprendere, allo scopo di intercettare quanto è già presente in lei, ma troppo sullo sfondo, ben consapevole però dei limiti di una comunicazione solo epistolare, che fornisce così poche informazioni a supporto.
Io dico che non solo mi sembra legittima la sua necessità di andarsene ma penso anche che farlo sarebbe un bene, perché metterebbe finalmente chiarezza nel cuore di suo figlio, che credo abbia diritto -ancor più di lei- a muoversi nel mondo con qualche certezza in più: per esempio, con la certezza che quando le cose non vanno più bene si possono cambiare; che non è giusto subire qualcosa che sentiamo come una cosa inaccettabile; che il rispetto fra le persone è un valore.
Certo, dovrebbe lottare con un ex marito che presume che farebbe “il diavolo a quattro e non sarebbe disposto a dare gli alimenti”; ma su questo sarebbe in compagnia di numerosi altri genitori che prima di lei hanno intrapreso questa strada quando l’altro ex coniuge non era ragionevole, facendo in molti casi molta fatica, ma anche -se supportati legalmnete e psicologicamente nel modo giusto- sentendo la fierezza di fare la cosa giusta. Davvero non mi sembra questa una buona ragione per fermarsi, come non ha fermato tante altre mamme che hanno voluto i propri figli con sé. La invito a chiedersi se è vero che non possiede le risorse per affrontare tutto ciò.
Ma veniamo ora alle ripercussioni su suo figlio e alla presunta violenza che lei gli farebbe strappandolo al fratello e alla casa coniugale. Anche questo sembra un motivo che la spinge nel dubbio, e che la porta addirittura ad immaginare di separarsi da suo marito rinunciando a suo figlio. Intanto andrebbe sentito un avvocato, per capire cosa potrebbe essere della casa coniugale; non è escluso, infatti, che in caso di separazione vi siano altri scenari rispetto a quelli che lei ha immaginato, a tutela del soggetto più debole. Analogamente in relazione agli alimenti: ciò che è stabilito da un giudice non potrà agevolmente essere disatteso, nel preciso interesse del minore, che la legge prevede.
In ogni caso, anche se la cosa migliore risultasse alla fine spostarsi in una nuova casa, non è detto che non possano essere gestite al meglio le ripercussioni su di lui. Non è detto insomma  che suo figlio dovrebbe rinunciare a tutto; lei potrebbe, infatti, immaginare di trovare una sistemazione logisticamente favorevole alla frequentazione della scuola e degli amici del bambino, magari rimanendo in zona o comunque in un luogo che consenta uno spostamento agevole con i mezzi o con l’auto; con questo, egli potrebbe  continuare a frequentare la sua classe, almeno fino alla fine delle scuola primaria;  successivamente –con le medie- molte cose potrebbero cambiare: una discontinuità col gruppo-classe è già prevista; inoltre sarebbe diventato un po’ più grande; infine la separazione genitoriale forse sarebbe già più digerita. Nel frattempo comunque la frequentazione del padre e del fratello non sarebbe affatto interdetta, ma avverrebbe all’interno delle alternanze regolate sulla base degli accordi stabiliti in fase di separazione legale. E sanciti da un giudice, insieme agli obblighi economici.
Oltre a queste argomentazioni pratiche, però, mi lasci sottolineare la cosa più importante per lei: lei dovrebbe creare dentro di sé le condizioni per sentire che non può in nessun modo separarsi da suo figlio, non ora che ha 9 anni e che ha ancora bisogno di lei. Non sono affatto così certa come lei, infatti, che suo figlio preferirebbe stare col fratello e col padre invece che con lei; per lo meno credo che lei dovrebbe verificarlo, e non partire con il pensiero che suo figlio sia tutto sommato più felice senza di lei. I figli maschi hanno un particolare attaccamento alla figura materna, e soprattutto non stanno bene se sanno che la madre non ha preso la decisione che fa stare bene lei per prima. Inoltre, in questo caso, il padre sta attraversando un periodo di malattia, e non è detto che avrebbe le risorse psicologiche adeguate per farsi opportunamente carico degli obblighi genitoriali, per lo meno non nell’immediato. Se in seguito poi la sua salute dovesse peggiorare, cosa che naturalmente spero non avvenga, lasciarlo alla gestione di una nuova compagna o sottrarlo alla convivenza col padre in un momento così critico potrebbe essere ancora più difficile e non esente dal rischio di generare in lui un certo, quanto inutile, senso di colpa. Dovrebbe dunque dirgli con forza e con convinzione le sue ragioni, la "storia" che sente di poter raccontare a suo figlio in merito ai motivi della separazione; e poi comunicargli che cosa ha deciso di fare, e cioè di separarsi portandolo con sé, restando disponibile certo ad ascoltare le sue proteste e le sue ragioni, se ve ne fossero, ma evitando di capitolare alla prima obiezione. Non lasci che si insinui in lei l'idea che non sa andarsene senza suo figlio perchè non ha i "mezzi morali" per farlo, semmai proprio il contrario: non lo sa fare perchè possiede dei buoni e preziosi valori materni, cui fa bene a non rinunciare con leggerezza!  Se dunque facesse più spazio dentro di sé a questa convinzione e valori, ciò l’aiuterebbe a trovare le parole giuste per sostenere la sua decisione presso suo figlio, a costruire in modo corretto la comunicazione con lui, cosa che ammetto non sarà semplice, perchè avrà bisogno di tutta la sua cura e attenzione.
Si faccia aiutare pertanto se ne sente il bisogno, sia dal punto di vista psicologico che legale, non faccia tutto da sola in un momento così delicato della sua vita.
Le mando un caloroso in bocca al lupo.

(a cura di Linda Francioli)

 

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