top a

Quando il papà non c'è ma c'è

Se possibile vorrei chiedervi un consiglio perchè mi trovo ad affrontare un problema e non so quale strada percorrere. Ho un bimbo di 2 anni che frequenta l'asilo nido. Sono una ragazza madre e il padre mi ha lasciata appena ha saputo della gravidanza, ma alla nascita ha riconosciuto formalmente il bambino.

Filippo inizia ora ad interagire anche verbalmente e vorrei iniziare a raccontarle la sua storia. All'asilo nido hanno proposto un album fotografico con le foto di tutte le persone di famiglia che includa anche il padre(faccio presente che non viene più da tre mesi, che è venuto malvolentieri, sporadicamente e che probabilmente non verrà più). E' giusto mettere una foto di questo padre assente? In questo modo non gli scateno delle curiosità che in questo momento Filippo non ha ancora? Ma soprattuto è giusto per Filippo associare alla parola papà il viso di quest'uomo che a dimostrato che non lo vuole?

Grazie di cuore.

(Manuela, Provincia di Macerata)

Cara Manuela, preferisco risponderti facendoti leggere questa fiaba che ho trovato sul web. Parla in fondo della presenza di papà imperfetti e dell'assenza di papà perfetti. E di quello che può fare una mamma in molti casi.

Spero pur nella metafora che tu colga degli spunti per dare una risposta al tuo quesito che ti convinca, al di là del consiglio dell'esperto (se la trovi da te, vale di più!).

Un forte abbraccio

Il fantabosco dei papà assenti

E’ notte nel fantabosco. La libellula Hope, come tutte le notti, instancabile, perlustra ogni angolo del suo territorio per far visita ai bambini che alla fine della giornata lasciano il prato soleggiato per passare la notte nel bosco.

Ciao, come ti chiami?
Mi chiamo Andrea.
Perchè hai quella faccia triste?
Perché ogni volta che la mia mamma, al tramonto, mi accompagna ai bordi del prato per lasciarmi al mio papà che mi deve condurre nel bosco, lui non c’è mai, allora è la mia mamma a portarmi nel bosco, ma con lei ho paura perché lei sa dare solo baci e carezze, ma contro i lupi ci vuole la voce grossa, i muscoli, ed una spada tagliente. A forza di andare con lei nel bosco finirà che non imparerò mai a combattere i lupi e forse morirò.
Hope baciò la sua lacrima e volò via.

Ciao, come ti chiami?
Mi chiamo Stefano.
Perché hai quella faccia triste?
Perché ogni volta che la mia mamma, al tramonto, mi accompagna ai bordi del prato per lasciarmi al mio papà che mi deve condurre nel bosco, lui comincia a urlare, a sgridarmi, ad obbligarmi a combattere i lupi come vuole lui. Io credo che a lui non interessi che io ho paura, che avrei bisogno di vedere la luce della luna per orientarmi, per rassicurarmi, e che vorrei sentire di più la stretta della sua mano e meno le urla della sua rabbia. Ogni giorno che passa mi viene voglia di fare l’opposto di ciò che mi dice, così alla paura del bosco si aggiunge la paura delle sue grida.
Hope baciò la sua lacrima e volò via.

Ciao, come ti chiami?
Mi chiamo Emanuele.
Perché hai quella faccia triste?
Perché ogni volta che la mia mamma, al tramonto, mi accompagna ai bordi del prato per lasciarmi al mio papà che mi deve condurre nel bosco, lui mi dà l’impressione di non sapere cosa fare, dove andare, come combattere i lupi. Scherza, ride, vuole essere mio amico, ma io ho paura che a forza di fare così, il giorno che ci capitasse un lupo da combattere io non saprei come combatterlo perché non mi insegna mai niente, non so le regole del combattimento. Allora io comincio a scappare così lui è costretto a cercarmi, a stare attento a me. Spesso appena si distrae corro via e vado dove ci sono i lupi, magari vedendomi in pericolo gli verrà voglia di insegnarmi a combatterli.
Hope baciò la sua lacrima e volò via.

Ciao, come ti chiami?
Mi chiamo Daniele.
Perché hai quella faccia triste?
Perché ogni volta che la mia mamma, al tramonto, mi accompagna ai bordi del prato per lasciarmi al mio papà che mi deve condurre nel bosco, io so che da quel momento in poi avrò freddo. Mio padre è molto bravo a combattere i lupi ed è molto bravo ad insegnarmelo. Sa tutte le regole del combattimento, sa usare le armi, conosce bene il bosco e con lui mi sento al sicuro. Però io ho sempre freddo e lui non mi permette di stargli vicino, di scaldarmi col suo corpo, perché – dice – un uomo deve scaldarsi da solo, non deve aver bisogno di queste cose da signorina.
Hope baciò la sua lacrima e volò via.

Ciao, come ti chiami?
Mi chiamo Jacopo.
Perché hai quella faccia triste?
Perché ogni volta che la mia mamma, al tramonto, mi accompagna ai bordi del prato per lasciarmi al mio papà che mi deve condurre nel bosco, lei trova sempre una scusa per non portarmici. Dice che il bosco è un posto brutto, pericoloso, pieno di insidie, non adatto ad un bambino. E poi c’è buio. A me piacerebbe molto ogni tanto vedere come è la notte, il buio, il silenzio, il freddo, come sono fatti i lupi e come si combattono. Mi piacerebbe tanto imparare ma ormai mi sono convinto che questa non sia una buona idea e quindi quando vedo la mia mamma che si inventa una scusa per non portarmi oppure sento che con le sue amiche o con i nonni parla male del bosco credo che in fondo lei abbia ragione. Infatti le poche volte che non riesce a trovare una scusa valida ed è costretta a portarmi, io muoio di paura, voglio tornare subito a casa e non vedo l’ora che la notte finisca. Sarò un bambino che vive solo nel prato col sole.
Hope baciò la sua lacrima e volò via.

Ciao, come ti chiami?
Mi chiamo Mario.
Perché hai quella faccia triste?
Perché ogni volta che la mia mamma, al tramonto, mi accompagna ai bordi del prato per lasciarmi al mio papà che mi deve condurre nel bosco, io ho sempre meno voglia di andarci. Ogni giorno, quando siamo nel prato, non fa che parlar male del bosco, dice che è sporco, che è buio, che è pieno di inutili pericoli, che ci sono i lupi e imparare a combatterli è stupido e insensato, che mio padre intanto non è né capace a combatterli né capace ad insegnarmi, che per di più non conosce il bosco e non ci si sa orientare. Se proprio qualche volta vorrò andarci mi ha detto che verrà anche lei così eviteremo di metterci nei pasticci.
Hope baciò la sua lacrima e volò via.

Ciao, come ti chiami?
Mi chiamo Simone.
Perché hai quella faccia triste?
Perché ogni volta che la mia mamma, al tramonto, mi prende per mano e mi porta a fare una passeggiata ai bordi del prato vedo tanti bambini che incontrano il loro papà che li porterà nel bosco. Io non ci sono mai stato nel bosco perché non ho mai avuto il papà, ma la mia mamma tutte le sere mi racconta per ore e ore di come è fatto il bosco, di chi lo abita, della luce della luna, dei pericoli, dei lupi e a me sembra di conoscerlo perfettamente. E poi so tutto anche del mio papà, di come combatteva i lupi, di come mi avrebbe insegnato se ci fosse stato, di come conosceva ogni angolo del bosco e di come sarebbe stato felice di portarmici ogni notte di ogni giorno. Poi la mia mamma mi mette a dormire in un rifugio buio agli angoli del prato ed io aspetto il mattino per tornare al sole.
Hope baciò il suo viso fresco e volò via

torna a > lettere psicologia